A CHE SCOPO? UNA LA DOMANDA CHE SPAVENTA (MA CHE CAMBIA LA VITA)


A che scopo? E’ questa la domanda che mi pongo più spesso quando devo fare una scelta importante. La mia vita, le strade che ho preso e le opzioni che ho scartato sono frutto di questa domanda: a che scopo? Mi sono sempre sentita un po’ diversa nel pormi queste domande mentre tutto intorno gran parte delle persone sembrano vivere e scegliere secondo ordini di importanza in cui non mi riconoscevo. ‘A che scopo’ è una domanda pesante, profonda, una domanda che ti impone di scavare più a fondo alla ricerca di ciò che davvero ti appartiene, alla ricerca del tuo significato non solo in relazione a te stesso ma anche e soprattutto in relazioni agli altri, intesi sia come individui sia come collettività.

Nel corso degli anni, nella scrittura ho trovato il modo per esprimere più spontaneamente me stessa, nel giornalismo ho riconosciuto una missione sociale e mi sono innamorata di coloro che l’hanno interpretata con impegno e coraggio. In tempi più recenti il sogno di questa missione giornalistica è un po’ stato tradito, lo ammetto, da un contesto che poco ci valorizza come professionisti, un contesto in cui la velocità dell’informazione e la superficialità  della stessa vanno a scapito dell’approfondimento necessario ad esprimere le cose che contano, un contesto in cui spesso la passione e il talento e l’impegno non vengono più retribuiti con dignità. Io ancora lo credo, sia chiaro, che il giornalismo sia il mestiere più bello del mondo, ma come un innamorato tradito da ciò che ha di fronte da alcuni mesi mi sono presa del tempo per provare a rispondere a quella domanda: a che scopo?

Così, mentre cercavo risposte e affrontavo coraggiosamente ma non senza fatica la crisi di significato che lo scollamento dalla propria amata professione porta con sé, ho conosciuto il coaching, che mi ha portato a scavare e riflettere con profondità e soprattutto CON METODO. Più tardi, scegliendo di abbracciare io stessa questa attività e diventando coach a mia volta, ho compreso che è esattamente questo che bisogna aspettarsi dal coaching e dal coach a cui ci si affida: non che sappia indicarci la strada corretta, non che possa dispensare consigli di vita, non che la sappia più lunga degli altri, ma che sappia trasmetterci un metodo per conoscerci, per comprenderci, per scavare a fondo senza perderci nel percorso di scoperta; che sappia insegnarci, in altre parole, una strategia per andare a (ri)focalizzare la nostra immagine perché nel corso degli anni le cose cambiano e i sogni e i bisogni e le necessità di quando eravamo bambini o ragazzi o giovani adulti spesso non sono gli stessi che maturiamo crescendo. Cambiano i valori, cambiano i riferimenti, cambia l’ordine di importanza che attribuiamo alle cose. Cambia ciò che ci interessa, a volte anche ciò che ci appassiona, di certo non sempre, ma quando capita bisogna rendersene conto. Cambiano soprattutto le risposte che ci diamo alle domande importanti: chi voglio essere ora? Cosa voglio diventare domani? Come posso contribuire alla collettività? Come posso esprimere autenticamente me stesso? Qual è la strada che mi consente di abbracciare oggi la mia felicità? Il problema non è tanto nelle risposte che ci diamo, è ancor prima nella domande che ci facciamo e ancor di più in quelle che per pigrizia o per paura o per superficialità non ci poniamo neanche. Il coaching e il coach a cui ci rivolgiamo, in questo senso, ha valore proprio per il metodo che sa comunicare, per le strategia con cui ci insegna a porci le domande che contano, che indirizzano le nostre scelte in qualunque ambito della vita (professionale, emotivo, sportivo ecc.) e di conseguenza il nostro agire. Si tratta di domande le cui risposte non vengono date una volta per sempre, sia chiaro: rifocalizzarci su noi stessi è infatti un impegno che dura tutta la vita. E’ la sostanza di ciò che oggi chiamiamo crescita personale, che non è uno slogan, è la scelta di vederci chiaro per quel che riguarda noi stessi e noi stessi in riferimento agli altri.

Per quel che riguarda me, le mie risposte le ho trovate, ma continuerò a calibrarle e rivalutarle all’occorrenza. Il giornalismo ancora suscita in me quella scintilla che smuove la passione e il senso di appartenenza a qualcosa, ma è quest’ultimo un giornalismo diverso da ciò che è diventato oggi. Ha radici nei miei sogni di ragazza, è cresciuto nelle mie esperienze di giovane donna e forse un domani sboccerà nella chiarezza dei miei intenti maturi. Il coaching che adotto su me stessa, intanto, mi sostiene e l’attività come coach che svolgo alimenta la mia passione e risponde al mio bisogno di senso, di significato e di scopo. Un binomio di attività e professioni che oggi mi stimola e mi fa stare in equilibrio.  

#coaching #giornalismo #balance #obiettivi #riflessioni #passioni #sogni #scrittura #autenticità #missione